Settembre 2014 - Luglio 2015
I primi mesi dell’anno, settembre 2015 - febbraio 2015, sono stati dedicati alla conclusione della sperimentazione portata avanti nell’anno precedente in cui, grazie anche alla presenza dei fondi pubblici, abbiamo potuto lavorare in modo sereno alla metodologia, mettendo in campo azioni e sperimentazioni che hanno conferito allo spazio delle bici del Mammut: stabilità, riconoscibilità, competenze, creazione di un gruppo di lavoro ed un gruppo di partecipanti più solido.
La preparazione della scrittura collettiva: ‘Come far passare un Mammut attraverso una porta senza tirarla giù’, presentata il 27 Febbraio 2015 al Museo Nazionale Archeologico di Napoli è stata un’importante momento di rielaborazione in cui, riesaminando tutti i materiali prodotti, tra diari di bordo degli operatori, foto, video, biglietti dei ragazzi/e, osservazioni di chi passava a trovarci, diario murale collettivo, si sono potute mettere a fuoco tutte le conquiste realizzate nel percorso educativo fatto, quelle consapevoli e quelle inconsapevoli, ma anche tutte le sue criticità e le potenzialità ancora inesplorate.
Nel mese di marzo, ci siamo un po’ fermati, le difficoltà economiche attraversate dal centro ci hanno messo difronte alla possibilità concreta di interrompere questa esperienza, le nostre energie sono state impegnate nel ripensare a possibili strade, possibili nuove forme organizzative che potessero continuare a dare vita ad uno spazio della città riconquistato: quello in Piazza Giovanni Paolo II di Scampia.
Ma l’energia era forte!
Tanti i bimbi, ragazzi, ragazze che bussavano alle porte del Mammut per sapere quando si ricominciava ad aggiustare le bici.
Tanto importante la presenza di un gruppo di volontari competenti e motivati, desiderosi di continuare o di iniziare: dal nostro giovane volontario tedesco Sebastian che anche se non ciclo-meccanico di professione per lui la bici è naturalmente vita, ad Eduardo ciclo-mecacnico ella Ciclofficina Massimo Troisi che tanto ci ha sostenuto, a Darietto giovane disegnatore che gira sempre in bici con tanta voglia di imparare ed insegnare ad aggiustare, a Giaccio che la nostra ciclofficina l’ha vista nascere contribuendovi fin dal principio.
Tanta la voglia di continuare questa sperimentazione, godendo delle conquiste fatte e lavorando sulle criticità messe a fuoco!
Ed così che ad aprile si ricomincia, senza paracadute ma con un bagaglio esperienziale solido ed un’organizzazione più definita. Gli ingredienti ci sono tutti, l’unico mancante erano i fondi, ma spesso non sono le economie che danno continuità alle esperienze.
La voce nel quartiere ben presto si diffonde e tra il tam tam e il passaparola dei ragazzi la nostra ciclofficina è sempre più affollata! Non siamo mai meno di 15, e nel corso dei mesi ai nostri mercoledì vi partecipano in media 25 tra ragazzi e ragazze, bambini e bambine, rom e napoletani, chi per aggiustare la sua bici, chi per fare compagnia ad un amico, chi per dare una mano!
Il lavoro da fare ogni mercoledì è talmente tanto che spesso decidiamo di introdurre dei giorni supplementari, per affrontare problemi più difficili o per darsi più calma nel comprendere quelli più semplici come poter imparare a fare una bucatura.
Scegliamo di dedicare le nostre giornate di bicicletta esclusivamente alla ciclofficina, cioè uno spazio in cui si aggiustano insieme le biciclette, dove il proprietario è protagonista, non delega ad altri, ma, aiutato da persone esperte impara ad aggiustare la sua bici, o quanto meno assume consapevolezza del suo funzionamento e del problema che ha. In base al grado di autonomia i partecipanti alla ciclofficina o lavorano da soli, utilizzando attrezzi e pezzi di ricambio messi a diposizione, o vengono aiutati da altri ragazzi/e, o in casi, più complessi, vengono aiutati da chi di ciclo-meccanica ne sa qualcosa in più. Si predilige l’incontro sul fare, incoraggiando autonomia e sviluppando ingegno.
Lo spirito, è, come sempre, quello delle ciclofficine popolari: incontro, scambio, conoscenza, gratuità, cooperazione, incentivo dell’uso della bicicletta e del riciclaggio dei materiali.
La scelta di non dedicare spazi specifici alla didattica della ciclo-meccanica, ci sembra obbligata, vista la grande affluenza di biciclette ad ogni incontro. Resta sullo sfondo il desiderio ed anche la necessità di proporre tale spazio, a cui l’anno scorso abbiamo molto lavorato, sperimentando diversi modi e azioni, coinvolgendo chi aveva maggiore, curiosità, interesse e passione per la ciclo-meccanica. Ma in noi è chiara la consapevolezza che per costruire uno spazio del genere sono necessari risorse professionali e un tempo di programmazione e riflessione rispetto alle modalità didattiche da mettere in campo ed anche eventuali intrecci con la didattica ordinaria, quella con cui i ragazzi/e si confrontano quotidianamente a scuola e che spesso sentono così distante dalla realtà che vivono quotidianamente.
La ciclofficina resta comunque uno spazio di sperimentazione, invenzione ed apprendimento, dove si fa esperienza e si conquistano competenze importanti, da mettere in pratica in autonomia.
La bicicletta come strumento di relazione continua ad essere una proposta molto interessante nel lavoro con gli adolescenti. Essi spesso rifuggono da reazioni fondate sullo stare o sul parlare, proprio per la naturale inquietudine che vivono e per i temi legati all’identità specifici di questa fase della vita, la ciclofficina rappresenta un terreno di relazione privilegiato in quanto l’attenzione sia del ragazzi/a che dell’adulto non è incentrata sulla relazione, ma sul fare insieme, a volte realizzando imprese davvero complicate che portano grandi soddisfazioni, se concluse con successo, o grandi frustrazioni in caso contrario, la bicicletta rappresenta l’oggetto che media la relazione, ma che al contempo la veicola e la costruisce, e questo spazio di sperimentazione comune rappresenta terreno privilegiato di espressione e di conoscenza reciproca che dà luogo ad emozioni, ragionamenti, intuizioni, creazioni ed amicizie.
Nel nuovo assetto organizzativo ci dedichiamo ad utilizzare meglio gli spazi, definire meglio i ruoli e la gestione del tempo.
Abbiamo infatti introdotto l’uso di diversi ambienti per favorire il momento del cerchio iniziale ed anche la successiva organizzazione del lavoro.
Al loro arrivo i ragazzi/e trovavano un tavolo pronto nel salone con fogli e pennarelli per disegnare la loro bici e per scrivere come si sentono in quel momento. Questa fase ha assunto sempre più un valore di rituale importante, interiorizzato dai partecipanti più storici e stabili e ben trasmesso a quelli nuovi o più salutari.
Il disegno della bici è fondamentale, biglietto necessario per poter accedere alla ciclofficina, strumento utile per poter vedere come si sentivano i ragazzi. Quello che viene chiesto è un disegno libero, rappresentante anche una bici fantastica. La prima vota la richiesta fatta è quella di fare un autoritratto: io e la mia bici! Estremamente interessanti le immagini emerse da questo.
Il cerchio in un ambiente ampio e confortevole dove poter stare comodi insieme alle loro bici, sistemate nell’altro lato della stanza, ha dato anche spazio a consolidare un altro rituale: la condivisione dei problemi di ogni bici, problematiche annotate su un foglio comune.
Una volta assunta la consapevolezza dei problemi di tutti ed anche l’autonomia di ognuno nel poterli affrontare, si passa alla definizione di due sottogruppi di lavoro. Con pazienza il secondo gruppo aspetta fuori, giocando con le bici, pitturando con acquerelli o giocando un po’ a calcio o a basket. Gradualmente a loro si aggiungono i ritardatari, che però prima di entrare in ciclofficina passano per il salone a fare il loro disegno!
Particolarmente prezioso è la presenza di alcuni ragazzi e ragazze che frequentavano la ciclofficina ed il laboratorio bici l’anno scorso, essi ben conoscono e ben hanno interiorizzato il funzionamento di questo spazio, rappresentando importante elemento di continuità e complicità.
Molto importante, è stata l’introduzione del ruolo dei responsabili degli attrezzi e dei materiali. Vista la grande affluenza si sono ripetuti più volte furti e smarrimento di oggetti, abbiamo provato ad affrontare i problema proponendo ai ragazzi/e di introdurre questo ruolo assunto a turnazione.
Il responsabile dei materiali si dedica esclusivamente alla cura degli attrezzi e dei materiali, e tutti i partecipanti si devono riferire lui per poter usare un oggetto o prendere un materiale o pezzo di ricambio. Il ruolo è visibile da un budget attaccato alla maglia. Il risultato è stato portentoso, sopra alle aspettative: anche i più distratti e disordinati quando indossano quel cartellino diventano precisi, ordinati, affidabili, anche i ladruncoli, diventano responsabili di quegli attrezzi come se fossero i loro.
Il successo di questa semplice trovata, non geniale e neanche originale, ci ha dato modo di riflettere sull’importanza del ‘conferimento del ruolo’, attribuendo responsabilità e riconoscendo delle capacità!
Un punto di domanda ancora aperto problematico è la questione dell’iscrizione alla ciclofficina, resta per noi molto difficile convincere alcuni bambini e ragazzi a far venire i propri genitori a compilare la schede d’iscrizione, benché sia comunque tutto gratuito. È come se loro sentissero che questo è uno spazio di autonomia che rientra nelle loro esplorazioni quotidiane e che i genitori non vanno coinvolti. Al contempo molti di loro sento anche i genitori sono occupati da tante altre problematiche e quindi non hanno troppo tempo da dedicarvi.
Di certo l’aspetto dell’informalità della struttura rappresenta una scelta metodologica che rientra in quella che comunemente viene definita educativa di strada, in cui lo spazio della ciclofficina rappresenta un’area intermedia tra il fuori e il dentro, un ponte nella relazione; ma anche la formalizzazione del patto educativo e la condivisione con i genitori rappresenta un aspetto di grande valore nella possibilità di crescita della relazione e di creare un legame e un pensiero condiviso con i genitori sui loro figli. Chiaro è che tale situazione si presenta prevalentemente con i ragazzi o con i bambini che vivono la strada come se fosse il balcone di casa loro muovendosi da soli e senza troppe regole ed orari, regole ed orari che hanno imparato a rispettare all’interno della ciclofficina. La domanda resta aperta.
Un altro elemento molto importante sperimentato nell’anno sono state le uscite. Ne abbiamo sperimentate di vario tipo e tutte sono state molto significative, portando a delle ottime ripercussioni ed evoluzioni nel lavoro di gruppo quotidiano.
La passeggiata nel quartiere in bici per andare ai laboratori di Carnevale del Gridas è stata occasione di conoscere di un posto ed una tradizione importante del loro quartiere. È stata occasione di uscire insieme ed usare la bici come mezzo di trasporto e non solo come strumento di gioco.
La BiciParata del Mediterraneo Antirazzista è stata un’emozione unica, bici che sfrecciavano avanti ed indietro tra musica e colori in strade a percorrenza veloce che quotidianamente sono molto pericolose. Una bellissima occasione di riappropriazione delle strade proprio quartiere!! Inoltre la bici è stata comodo mezzo di esplorazione tra tutti gli spazi animati dal Mediterraneo Antirazzista con i diversi sport.
, Mostra d’Oltremare, lo spostamento fino a Fuorigrotta è avvenuto in furgone, l’esplorazione della Mostra in bici. Una bella possibilità di conoscere la città con le sue risorse e di confrontarsi con gli altri contesti cittadini che si dedicano sotto varie formule alla bicicletta.
Ciclofficina alla festa dei Pollici Verdi a Parco Corto Maltese a Scampia, una possibilità di esportare le competenze acquisite nel contesto Mammut, di essere un gruppo compatto ed organizzato capace di poter offrire un servizio ai bambini e ragazzi del quartiere. Prima sperimentazione di ciclofficina itinerante. Molto bello!
Un dilemma dell’anno scorso, quest’anno si è risolto semplicemente, sperimentando il prestito permanete delle biciclette. In passato ci chiedevamo: come gestire il prestito? Regalare o prestare? Come mantenere un principio di giustizia ed equità?
La risposta è stata attivare un circuito di prestito definito permanete: hai in custodia la bici del Mammut fino a quando non hai una bici tua. Questo meccanismo ha attivato un circuito virtuoso, incentivando anche le famiglie del quartiere, e non, a regalare bici anche rotte, da aggiustare.
Il risultato è stato sorprendente ed emozionante: bici, bici, bici, che sfrecciano di qua e di la, che girano in piazza, in villa, da sole o in compagna, strumenti salutari di riappropriazione di spazi pubblici e possibilità di esplorare ed allargare i propri immaginari, nella conoscenza del proprio corpo e del proprio ambiente di vita!