Che Scampia salvi la Medicina!
Sullo Strillo n.2, speciale della rivista L'A.PE pubblicato una decina di giorni fa, abbaiamo cominciato a mettere sul tappeto alcuni materiali per lo sfondo integratore della ricerca azione dell'anno: "Il corpo".
L'intreccio tra medicina e pedagogia è da sempre angolatura privilegiata che accompagna la ricerca metodologica Mammut. L'inaugurazione di una sede universitaria di Medicina a pochi passi da noi capita quindi davvero a pennello.
Ci sembra molto ricco e interessante già quanto accaduto in questi giorni di fibrillante gioia dell'inaugurazione (gioia che ben inteso è stata anche la nostra), con tutta l'enfasi puntata su come una Facoltà universitaria possa "salvare" il quartiere.
Molto interessante ci sembra già quanto fin qui avvenuto, soprattutto per recuperare elementi aggiornati (e su più ampia scala) sulla dinamica del "salvatore" tanto cara alla nostra ricerca sulla relazione d'aiuto (chi aiuta chi?).
Nel nostro piccolo noi non possiamo che augurarci che l'inaugurazione di questa mattina possa tornare utile, prima ancora che a Scampia, alla Medicina. Come non vedere infatti che il salvatore di cui avremmo davvero bisogno (semmai ce ne potesse essere uno) sarebbe quello della Sanità (Campana soprattutto). Dalle liste d'attesa interminabili per una logopedia come per un'accertamento, all'abdicazione al privato; dal familismo asfittico che contraddistingue le nostre esperienze ospedaliere all'arroganza con cui la maggior parte dei cittadini viene tratta da nobili primari.
La lista sarebbe lunga, e già così sicuramente ingrata verso le migliaia di eroiche esistenze di medici, infermieri e altro personale sanitario (senza considerare le avanguardistiche apparecchiature e ogni altro grande patrimonio su cui la nostra regione fortunatamente può ancora contare) che quotidianamente mette a rischio la propria salute psicofisica e per un mestiere di cui in pochi riescono ormai a essere grati. A loro va la nostra sincera e incondizionata ammirazione, senza riserve, anche per il fatto di aver resistito a non andare a lavorare altrove.
Eppure tutto questo in Campania non riesce a farsi "sistema virtuoso". Chiunque abbia avuto modo (molti ne sono stati costretti) di sperimentare il sistema sanitario di un'altra Regione più"sana" (l'Emilia Romagna o la Toscana ad esempio) capisce al volo di cosa parliamo. Non ci riferiamo insomma solo alle vergogne che gridano venetta (che pure sono tante e troppe), ma alla più generale incapacità di farsi sistema di cura giusto e di prossimità, in un territorio (non Scampia, ma l'intera Campania) dove ce ne sarebbe estremo bisogno. Dove sarebbe urgentissima la medicina preventiva (per le tante sciagure ambientali che ci riguardano ad esempio) al posto di quella difensiva, diventata ancor più schiacciante proprio dalle nostre parti.
Ma nel nostro permetterci di sognare, vogliamo puntare alto. Vogliamo addirittura prenderci il lusso di sognare che l'inaugurazione di una sua sede a Scampia - così come avvenuto a molta pedagogia atterrata tra le Vele - possa consentire alla Medicina (non solo a quella Campana!), di ricominciare a battere vie di evoluzione capaci di aprirsi al contributo di altri approcci e filosofie. A partire dalla critica di Illich alla medicalizzazione della società, fino al contributo che fino a qualche anno fa sembrava poter portare anche il nostro sistema sanitario verso la comprensione di una moderna medicina integrata. Evoluzione spazzata via dalla cattiva fede dei tanti (a partitre dalla destra Trumpiana e dai sui seguaci negazionisti), con una spaventosa accelerazione negli anni del covid e delle relative speculazioni.
Insomma, che Scampia salvi la medicina!
Noi staremo a guardare e, come sempre, senza starcene con le mani mano.
GZ